La Morte della Morte nella Morte di Cristo (Estratti)

UN TRATTATO SULLA REDENZIONE E SULLA RICONCILIAZIONE CHE E' NEL SANGUE DI CRISTO, CON IL MERITO DEL QUALE, E LA SODDISFAZIONE DA ESSO OTTENUTA

John Owen

LIBRO I

CAPITOLO I

In generale del fine della morte di Cristo, come è proposto nella Scrittura.

Per fine della morte di Cristo, noi intendiamo in generale, le due cose,—primo, quello che suo Padre e lui stesso intesero in essa; e secondo, quello che fu efficacemente ottenuto e raggiunto con essa. Riguardo ad entrambi possiamo dare un rapido sguardo alle espressioni utilizzate dallo Spirito Santo:—

I. Per il primo. Volete conoscere il fine con il quale, e l’intenzione con cui, Cristo venne nel mondo? Chiediamolo a lui stesso (il quale conosceva i propri pensieri, come pure tutti i segreti del cuore di suo Padre), e lui ci dirà che "il Figliuol dell'uomo è venuto per salvar ciò che era perito," Mt. 18:11,—per redimere e salvare i poveri peccatori perduti; questo era il suo intento e disegno, come è affermato ancora in Luca 19:10. Chiedete anche ai suoi apostoli, che conoscono i suoi pensieri, e vi diranno lo stesso. Così Paolo, in I Ti. 1:15, "Certa è questa parola, e degna d'essere accettata per ogni maniera: che Cristo Gesù è venuto nel mondo, per salvare i peccatori." Ora, se voi chiederete chi sono questi peccatori verso i quali egli ha avuto questo benevolo intento e scopo, egli stesso vi dice, in Mt. 20:28, che egli venne per "per dar l'anima sua per prezzo di riscatto per molti;" in altri passi chiamati noi, i credenti, distinti dal mondo: perché egli "ha dato sè stesso per i nostri peccati, per ritrarci dal presente malvagio secolo, secondo la volontà di Dio, nostro Padre," Ga. 1:4. Questa fu la volontà ed intenzione di Dio, che egli dovesse dare se stesso per noi, perché potessimo essere salvati, essendo separati dal mondo. Essi sono la sua chiesa: Ef. 5:25-27 "Egli ha amata la Chiesa, e ha dato sè stesso per lei; cciocchè, avendola purgata col lavacro dell'acqua, la santificasse per la parola; per farla comparire davanti a sè, gloriosa, non avendo macchia, nè crespa, nè cosa alcuna tale; ma santa ed irreprensibile." le quali ultime parole esprimono anche il preciso obiettivo e fine di Cristo nel dare se stesso per alcuni, proprio perché essi fossero resi adatti a Dio, e condotti presso di Lui; questo similmente è affermato in Tt. 2:14 "Il quale ha dato sè stesso per noi, acciocchè ci riscattasse d'ogni iniquità, e ci purificasse per essergli un popolo acquistato in proprio, zelante di buone opere." Talmente chiara, quindi, ed evidente è l’intenzione e il piano di Cristo e di suo Padre in questa grandiosa opera, proprio ciò che fu, e nei confronti di chi,—ovvero, per salvarci, per liberarci dal mondo malvagio, per purificarci e mondarci, per renderci santi, zelanti, fruttuosi nelle buone opere, per renderci accettabili, e per condurci a Dio; perché per mezzo di lui "abbiamo avuta, per la fede, introduzione in questa grazia, nella quale sussistiamo" Ro. 5:2.

II. L’effetto, inoltre, e il reale risultato dell’opera stessa, o quello che è conseguito e realizzato con la morte, versamento di sangue, o oblazione di Gesù Cristo, è non meno chiaramente manifestato, ma altrettanto pienamente, e molto spesso distintamente, espresso;—primo, come Riconciliazione con Dio, attraverso la rimozione e l’abbattimento dell’inimicizia esistente tra lui e noi; perché "Perciocchè se, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per la morte del suo Figliuolo;" Ro. 5:10. "Iddio ha riconciliato il mondo a sè in Cristo, non imputando agli uomini i lor falli;" II Co. 5:19; invero, "Dio ci ha riconciliati a sè, per Gesù Cristo;", verso 18. E se volessi sapere come questa riconciliazione fu realizzata, l’apostolo ti dirà che "ha nella sua carne annullata l'inimicizia, la legge de' comandamenti, posta in ordinamenti; acciocchè creasse in sè stesso i due in un uomo nuovo, facendo la pace; e li riconciliasse amendue in un corpo a Dio, per la croce, avendo uccisa l'inimicizia in sè stesso." Ef. 2:15, 16: così che "egli è la nostra pace," verso 14. Secondo, come Giustificazione, portando via la colpa dei peccati, procurando la loro remissione e il perdono, redimendoci dal loro potere, con la maledizione e l’ira a noi dovute per essi; perché "per lo suo proprio sangue, è entrato una volta nel santuario, avendo acquistata una redenzione eterna." Eb. 9:12. "ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo per noi fatto maledizione" Ga. 3:13; "ha portato egli stesso i nostri peccati nel suo corpo, in sul legno;" I Pi. 2:24. Noi tutti "abbiamo peccato, e siamo privi della gloria di Dio," ma siamo "gratuitamente giustificati per la grazia d'esso, per la redenzione ch'è in Cristo Gesù. Il quale Iddio ha innanzi ordinato, per purgamento col suo sangue, mediante la fede; per mostrar la sua giustizia, per la remission de' peccati," Ro. 3:23-25: perché in lui "abbiamo la redenzione per lo suo sangue, la remission de' peccati," Cl. 1:14. Terzo, come Santificazione, per mezzo della purificazione dalla lordura e dalla contaminazione dei nostri peccati, rinnovandoci nell’immagine di Dio, e rifornendoci con le grazie dello Spirito di santità: perché "il sangue di Cristo, il quale per lo Spirito eterno ha offerto sè stesso puro d'ogni colpa a Dio, purificherà egli la vostra coscienza dalle opere morte, per servire all'Iddio vivente," Eb. 9:14; si, "il sangue di Gesù Cristo, suo Figliuolo, ci purga di ogni peccato." I Gv. 1:7. "dopo aver fatto per sè stesso il purgamento de' nostri peccati" Eb. 1:3. Per "santificare il popolo per lo suo proprio sangue, ha sofferto fuor della porta," Eb 13:12."Egli diede se stesso per la chiesa per santificarla e purgarla, affinché fosse santa e irreprensibile," Ef. 5:25-27. In modo peculiare fra le grazie dello Spirito, "ci è stato dato," huper Christou, per Cristo, di credere in lui,” Fl. 1:29; Dio “ci ha benedetti d'ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo.” Ef. 1:3. Quarto, come Adozione, con la libertà evangelica e tutti quei gloriosi privilegi che spettano ai figli di Dio; perché "Iddio ha mandato il suo Figliuolo, fatto di donna, sottoposto alla legge; affinchè riscattasse coloro ch'eran sotto la legge, acciocchè noi ricevessimo l'adottazione." Ga. 4:4, 5. Quinto, Né gli effetti della morte di Cristo terminano qui; essi non ci lasciano finché non siamo stabiliti in cielo, nella gloria e nell’immortalità per sempre. La nostra eredità è una "proprietà acquistata," Ef. 1:14. "perciò egli è mediatore del nuovo testamento; acciocchè, essendo intervenuta la morte per lo pagamento delle trasgressioni state sotto il primo testamento, i chiamati ricevano la promessa della eterna eredità." Eb. 9:15. La sostanza di tutto è,—La morte e il versamento del sangue di Gesù Cristo ha ottenuto ed efficacemente procurato, per tutti coloro i quali era intesa, la redenzione eterna, che consiste nella grazia qui e nella gloria in seguito.

III. Così piene, chiare, ed evidenti sono le espressioni della Scrittura riguardo agli obiettivi e agli effetti della morte di Cristo, che un uomo penserebbe che tutti quanti andassero di corsa a leggerne. Ma dobbiamo restare fermi: fra tutte le cose nella religione Cristiana, difficilmente esiste una cosa più contestata di questa, che sembra essere uno dei principî fondamentali. C’è una diffusa convinzione di un riscatto generale pagato da Cristo per tutti; che egli morì per redimere tutti, nessuno escluso,—non solo per molti, la sua chiesa, gli eletti di Dio, ma anche per ognuno della posterità di Adamo. Ora, i maestri di questa opinione devono vedere chiaramente e facilmente, che se quello fosse il fine della morte di Cristo che noi facciamo affermare alla Scrittura, se quelli prima menzionati sono i frutti e i prodotti immediati e conseguenti, allora una di queste due cose deve necessariamente seguire:—primo, che o Dio e Cristo hanno fallito nel loro intento proposto, e non hanno portato a termine quello che avevano progettato, in quanto la morte di Cristo non è uno strumento adeguatamente proporzionato per raggiungere quel fine (perché una qualunque causa di fallimento non può essere deferita ad altri); affermare la qual cosa ci sembra un’ingiuria blasfema alla saggezza, potenza, e perfezione di Dio, e ugualmente riduttiva nei confronti del rilievo e del valore della morte di Cristo;— oppure, che tutti gli uomini, la posterità di Adamo, devono essere salvati, purificati, santificati e glorificati; cosa che sicuramente essi non potranno sostenere, o almeno che le Scritture e la dolorosa esperienza di milioni non consentiranno. Di conseguenza, per dare un tono tollerabile alla loro convinzione, devono e di fatto negano che Dio e suo Figlio avessero un tal fine assoluto o scopo nella morte o versamento del sangue di Gesù Cristo, o che una qualunque cosa del genere sia stata immediatamente procurata e acquistata da essa, come prima accennato; ma che Dio non avesse inteso nulla, né che Cristo abbia realizzato alcuna cosa,—che nessun beneficio sia sorto ad alcuno immediatamente dalla sua morte tranne quelli comuni a tutte le anime, come se non fossero mai così maledettamente increduli qui e eternamente dannati dopo, fino a che un atto di qualcuno, non procurato per essi da Cristo (poiché se fosse così, perché non ce l’hanno tutti allo stesso modo?), cioè la fede, li distingue dagli altri. Ora, poiché questo a me sembra indebolire la virtù, il valore, i frutti e gli effetti della soddisfazione e della morte di Cristo,—servendo, inoltre, come base per una persuasione pericolosa, sconfortante ed errata—dichiarerò, con l’assistenza del Signore, che la Scrittura afferma entrambe queste cose, sia l’affermazione che intendo provare che quella che ne è portata come prova; desiderando che il Signore per mezzo del suo Spirito ci guidi in tutta la verità, per darci comprensione in tutte le cose, e se qualcuno la pensasse diversamente, di rivelare queste cose anche a lui.



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LIBRO III

CAPITOLO I

Argomenti contro l'universalità della redenzione. I primi due, dalla natura del nuovo patto, e dalla dispensazione dello stesso



ARGOMENTO I. Il primo argomento può essere preso dalla natura del patto di grazia, che fu stabilito, ratificato, e confermato nella e dalla morte di Cristo; quello fu il testamento di cui egli fu il testatore, che fu ratificato nella sua morte, e da cui il suo sangue fu chiamato "Il sangue del nuovo testamento," Mt. 26:28. Nè possono gli effetti di essa essere estesi oltre il raggio di questo patto. Ma ora questo patto non fu stabilito universalmente con tutti, ma particolarmente con alcuni, e quindi questi soltanto furono intesi nei benefici della morte di Cristo.

Questa conclusione è evidente dalla natura del patto stesso, descritto chiaramente, Gr. 31:31, 32, "Ecco, verranno i giorni», dice l'Eterno, «nei quali stabilirò un nuovo patto con la casa d'Israele e con la casa di Giuda, non come il patto che ho stabilito con i loro padri nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dal paese di Egitto, perché essi violarono il mio patto, benché io fossi loro Signore»; dice l'Eterno;" e Eb. 8:9-11 "non come il patto che feci con i loro padri, nel giorno che li presi per mano per condurli fuori dal paese di Egitto, perché essi non sono rimasti fedeli al mio patto, ed io li ho rigettati, dice il Signore. Questo dunque sarà il patto che farò con la casa d'Israele dopo quei giorni, dice il Signore, io porrò le mie leggi nella loro mente e le scriverò nei loro cuori; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. E nessuno istruirà più il suo prossimo e nessuno il proprio fratello, dicendo: "Conosci il Signore!". Poiché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro". In cui, prima di tutto, la condizione del patto non viene detto che fosse richiesta, ma è promessa in modo assoluto: "Io metterò il timore nei loro cuori". E questa è la differenza principale fra il vecchio patto d'opere e il nuovo di grazia, che in quello il Signore richiedeva solo la soddisfazione della condizione prescritta, mentre in questo promette di operarla Egli stesso in coloro con i quali il patto è stabilito. E senza questa efficacia spirituale, la verità è che il nuovo patto, riguardo al fine di un patto (portarci e legarci a Dio), sarebbe altrettanto debole e infruttuoso del vecchio. Perché in cosa consisteva la debolezza e l'infruttuosità del vecchio patto, per cui Dio nella sua misericordia lo ha abolito? Non consisteva forse in questo, che, a causa del peccato, noi non eravamo capaci di adempierne la condizione "Fai questo, e vivrai"? Altrimenti la connessione è ancora vera, che "colui che fa queste cose vivrà." E siamo forse in qualche modo più capaci di adempiere la condizione del nuovo patto? Non è altrettanto facile per un uomo con le sue forze di adempiere tutta la legge, così come di pentirsi e credere alla promessa del vangelo per la salvezza? Questo, allora, è una differenza fondamentale fra questi due patti, - che nel vecchio il Signore richiese solo la condizione; ora, nel nuovo, Egli la renderà anche efficace in tutti i federati a cui il patto è esteso. E se il Signore dovesse solo esigere l'obbedienza richiesta da noi nel patto, e non operarla e renderla efficace in noi, il nuovo patto sarebbe solo una dimostrazione per aumentare la nostra miseria, e non un seria intenzione di impartire e comunicare grazia e misericordia. Se, quindi, questa è la natura del nuovo testamento, come è evidente dalle sue stesse parole, e potrebbe essere abbondantemente provato, che la condizione del patto debba con certezza, per libera grazia, essere operata ed ottenuta in tutti quelli che sono portati nel nuovo patto, allora nessun altro è in questo patto se non coloro nei quali queste condizioni sono realizzate.

Ma questo, è evidente, non è vero per tutti; poiché "non di tutti è la fede", essa è "degli eletti di Dio", quindi non è stabilito con tutti, né il suo raggio è esteso oltre la rimanenza secondo l'elezione. Invero, se ogni benedizione del nuovo patto è certamente comune, e deve essere comunicata a tutti i membri del patto, allora la fede o non è in nessuno di essi, o tutti devono averla, se consideriamo il patto stesso come generale. Ma alcuni potrebbero dire che è vero che Dio promise di scrivere la sua legge nei nostri cuori, e di mettere il timore di Lui nel nostro intimo, ma che è su condizione. Datemi questa condizione, ed io produrrò la causa. E' forse che essi credano? Non si può immaginare nient'altro. Cioè, se essi hanno la legge scritta nei loro cuori (come l'ha chiunque crede), allora Dio promise di scrivere la sua legge nei loro cuori! E' questo probabile, amici? E' una semplice possibilità? Non posso, quindi, essere persuaso che Dio abbia stabilito un patto di grazia con tutti, specialmente coloro che non hanno mai sentito una parola di patto, grazia, o sue condizioni, e tanto meno non hanno ricevuto la grazia per l'adempimento della condizione; senza la quale il tutto sarebbe infruttuoso e inutile. Il patto è stabilito con Adamo, ed egli è reso partecipe di esso, Ge. 3:15, rinnovato con Noè, e non gli viene nascosto, ancora è stabilito con Abraamo, accompagnato da una piena e ricca dichiarazione delle sue principali promesse, Ge. 12; il che indubbiamente non è realizzato con tutti, come sarà evidente in seguito. Invero, quella prima distinzione fra il seme della donna e il seme del serpente è sufficiente per rimuovere la pretesa universalità del patto di grazia, poiché chi oserebbe affermare che Dio sia entrato in un patto di grazia con il seme del serpente?

E' oltremodo chiaro, quindi, che il nuovo patto di grazia, e le sue promesse, sono tutte di una misericordia distintiva, limitata al popolo che Dio ha preconosciuto, e quindi non sono estese universalmente a tutti. Ora, essendo il sangue di Gesù Cristo il sangue di questo patto, e la sua oblazione intesa solo a procurare le buone cose intese e promesse in esso, - poiché egli ne fu il garante, Eb. 7:22, e di quello soltanto - non è concepibile averle in rispetto a tutti o a chiunque, ma solo a coloro che sono intesi in questo patto.

ARG. II. Se il Signore decise che avrebbe dovuto, così come fece con la sua morte, procurare il perdono dei peccati e la riconciliazione con Dio per tutti indistintamente, affinché ne godessero realmente a condizione della fede, allora questa benevolenza e intenzione di Dio, con questo acquisto effettuato in loro vece da Gesù Cristo, dovrebbe essere rese note con la parola, così che essi possano credere, perché "la fede viene dall'udire, e l'udire è attraverso la parola di Dio," Ro. 10:17. Perché se queste cose non sono rese note e rivelate ad ogni singolo individuo che è interessato da esse, ovvero, a coloro che il Signore intende e per i quali egli ha procurato un sì grandioso bene, allora una di queste cose ne seguirà:—primo, o che essi possono essere salvati senza la fede in Cristo e la conoscenza di lui (che essi non possono avere a meno che non sia rivelata loro), il che è falso, e dimostrato tale;—oppure, secondo, che questa benevolenza di Dio, e l'acquisto fatto da Gesù Cristo, è chiaramente vano, e frustrato rispetto a loro, invero, un chiaro dileggio di essi, che né farà loro alcun bene per aiutarli ad uscire dalla miseria, né servirà la giustizia di Dio nel lasciarli inescusabili, perché quale colpa può essere addotta loro per non aver abbracciato e ben usato un beneficio di cui essi non hanno mai sentito parlare nella loro vita? Diventa così la giustizia di Dio di mandare Cristo a morire per gli uomini affinché possano essere salvati, e non fare mai in modo che questi uomini odano una tal cosa, e tuttavia di prefiggersi e dichiarare che a meno che non ne odano e credano, essi non siano mai salvati? Quale uomo savio pagherebbe un riscatto per il rilascio di prigionieri che egli è sicuro non verranno mai a conoscenza che un tal pagamento sia stato fatto, e quindi non trarne mai un miglioramento? E' attribuibile alla bontà di Dio, di trattare così le sue povere creature? Di fingere di tenere davanti a loro il più intenso amore immaginabile, oltre ogni confronto ed illustrazione,—come è evidente essere il Suo amore nel mandarci suo Figlio—e tuttavia non far mai sapere loro di una tal cosa, ma alla fine condannarli per non aver creduto? E' attribuibile all'amore e alla bontà di Cristo verso di noi, di assegnare alla sua morte una tale risoluzione: "Io otterrò ora, attraverso la mia stessa oblazione, pace e riconciliazione con Dio, redenzione e salvezza eterna, gloria eterna nei cieli più alti, per ogni singolo individuo, anche per tutti quei poveri, miserabili, tristi vermi, vili condannati, che ogni ora si dovrebbero attendere la sentenza di condanna; e tutto questo sarà sinceramente e veramente comunicato loro se crederanno. Ma tuttavia, disporrò le cose in modo tale che innumerevoli anime non apprendano una sola parola di tutto questo che ho fatto per loro, non siano mai persuase a credere, né ricevano mai proposto loro l'oggetto della fede che debba essere creduto, con cui essi possano in effetti partecipare di queste cose?" Fu questo il pensiero e la volontà, il disegno e il fine del nostro misericordioso sommo sacerdote? Dio non voglia. E' lo stessa cosa se un principe dicesse e proclamasse, essendoci dei prigionieri tenuti nelle sofferenze, ed avendo egli un grande tesoro, di essere risoluto a redimerli tutti, così che ognuno di essi uscisse di prigione e lo ringraziasse per la sua benevolenza, e nello stesso tempo non si curasse di far conoscere a quei poveri prigionieri le sue intenzioni e compiacimento; e tuttavia fosse assolutamente certo che a meno che non lo realizzasse egli stesso nulla sarebbe mai fatto. Non sarebbe questo interpretato come un gesto vano e stravagante, privo di alcuna buona intenzione verso quei poveri prigionieri? O se un medico dicesse di avere una medicina capace di curare tutte le malattie, e intendesse curare le malattie di tutti, ma non renda note le sue intenzioni o la medicina a nessuno tranne che a pochissimi; e tuttavia essere certo che senza la sua relazione ed informazioni particolari essa sarà nota a pochissimi. E dovremmo supporre che egli desideri, intenda e miri alla guarigione di tutti?

Ora, è estremamente chiaro dalle Scritture e dall'esperienza di tutte le epoche, sia sotto la vecchia dispensazione del patto che la nuova, che innumerevoli uomini, intere nazioni, per una lunga era, vengono ignorati nella proclamazione di questo mistero. Il Signore non si occupa minimamente, in alcun modo, di renderlo noto a tutti; essi non sentono neanche una voce o notizia di una tal cosa. Sotto il Vecchio Testamento, "In Giuda DIO è ben conosciuto, il suo nome è grande in Israele. Il suo tabernacolo è in Salem e la sua dimora in Sion." Sl. 76:1, 2. "Egli ha fatto conoscere la sua parola a Giacobbe, i suoi statuti e i suoi decreti a Israele. Egli non ha fatto questo con alcun'altra nazione, ed esse non conoscono i suoi decreti." Sl. 147:19, 20. Da cui quegli appellativi, e anche imprecazioni, dei pagani—come Gr. 10:25 "Riversa la tua ira sulle nazioni che non ti conoscono e sui popoli che non invocano il tuo nome;" dei quali avete la completa descrizione in Ef. 2:12 "eravate in quel tempo senza Cristo, estranei dalla cittadinanza d'Israele e estranei ai patti della promessa, non avendo speranza ed essendo senza Dio nel mondo." Anche sotto il Nuovo Testamento, nonostante la chiesa abbia "allungato le sue corde, e rafforzato i suoi pali" e "molte nazioni siano venute al monte del Signore"—così tanti da essere chiamati "tutte le genti", "tutte le nazioni", invero, "il mondo", il "mondo intero", in confronto al piccolo distretto della chiesa dei Giudei—tuttavia ora anche la Scrittura e l'esperienza rendono lampante che molti sono ignorati, invero, milioni di anime che non ricevono mai una parola di Cristo, né di una riconciliazione da parte sua; di cui non possiamo dare altra ragione che "Sì, o Padre, perché così ti è piaciuto," Mt. 11:26. Per la Scrittura, avete lo Spirito Santo che espressamente proibisce agli apostoli di andare in diversi posti con la parola, ma inviandoli in un'altra direzione, Atti 16:6, 7, 9, 10; che è spiegabile nella vecchia dispensazione in alcuni particolari, in cui "egli ha lasciato che tutte le nazioni seguissero le loro strade;" cap. 14:16. E per l'esperienza, senza dilungarsi sui particolari, chiedi a chiunque dei nostri fratelli che sia stato una qualche volta nelle Indie, e ti dispiegherà la verità facilmente.

Le eccezioni a questo argomento sono deboli e frivole, alle quali ci riserviamo di rispondere. In breve: come viene rivelato a quelle migliaia di figli di infedeli, che il Signore esclude nella loro infanzia, che non hanno il diritto di tormentare il mondo, di perseguitare la sua chiesa, né di disturbare la società umana? E allora in che modo fu rivelato ai loro genitori, dei quali Paolo afferma, che dalle opere di Dio essi avrebbero potuto essere condotti alla conoscenza della sua eterna potenza e divinità, ma che sarebbe stato totalmente impossibile che essi conoscessero alcuna cosa della redenzione o di un Redentore?



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LIBRO IV

CAPITOLO IV

Risposta al secondo argomento generale per l’universalità della redenzione

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Il primo e più importante passo è I Ti. 2:4-6, "Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati, e vengano alla conoscenza della verità ... Cristo diede se stesso per prezzo di riscatto per tutti, secondo la testimonianza riserbata a' propri tempi." Da cui essi traggono questo argomento, "Se Dio volesse che tutti gli uomini siano salvati, allora Cristo sarebbe morto per tutti; ma Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati, e vengano alla conoscenza della verità: di conseguenza, Cristo è morto per tutti gli uomini."

Risp. Tutta la forza di questo argomento si trova nell’ambiguità della parola tutti, che avendo diversi significati, e dovendosi interpretare in modo appropriato all’argomento corrente e alle cose e persone di cui si parla, può confermare il tutto o negare diverse proposizioni, secondo l’accezione della parola che viene osservata. Che tutti o tutti gli uomini non sempre intenda ogni singolo individuo che fu, è, o sarà, può essere evidente da quasi cinquecento occorrenze nelle Scritture. Intendendo quindi tutti e tutti gli uomini distributivamente, cioè per alcuni di ogni tipo, noi garantiamo il tutto; intendendoli collettivamente, come tutti di ogni tipo, noi neghiamo il minore,—cioè, che Dio voglia che tutti siano salvati. Per poter rendere la nostra confutazione di questo una verità evidente, e gradita al giudizio dello Spirito Santo in questo capitolo, è necessario considerare due cose: 1. Che cos’è quella volontà di Dio qui menzionata, con cui egli vuole che tutti siano salvati. 2. Chi sono quei tutti di cui l’Apostolo sta trattando in questo passo.

1. La volontà di Dio è solitamente distinta fra la sua volontà d’intenzione e la sua volontà di comando; o piuttosto, quella parola è usata in riferimento a Dio in questa duplice nozione,—(1.) Per il suo fine, quello che lui farà; (2.) Per la sua approvazione di quello che facciamo, con il suo relativo comando. Lasciamo ora che i nostri oppositori scelgano la loro opzione riguardo a quale significato della volontà di Dio debba essere accettato, o come egli desideri la salvezza di tutti.

Primo, se essi dicono che egli lo fa "voluntate signi" [come segno della sua volontà, NDT], con la sua volontà di comando, richiedendo, approvando, allora il senso delle parole è questo: "Dio ha comandato a tutti gli uomini di usare i mezzi con i quali possono ottenere quel fine, la salvezza, l’utilizzo dei quali è gradito a Dio in chiunque;" e così è lo stesso con quello che l’Apostolo scrive in un altro passo, "Dio comanda che ovunque tutti gli uomini si pentano." Ora, se se questo è il modo con cui egli vuole la salvezza di tutti quelli qui menzionati, allora certamente tutti quelli non possono essere di più di quelli a cui egli ha garantito e rivelato i mezzi della grazia; che infatti sono una gran moltitudine, ma comunque non una centesima parte della posterità di Adamo. Inoltre, se intendiamo la volontà di Dio di salvezza per gli uomini in questo senso, noi neghiamo il seguito della proposizione, cioè che Cristo morì per quanti Dio vuole che siano salvati. Il fondamento del comando di Dio agli uomini di usare i mezzi loro forniti non è la morte di Cristo per loro in particolare, ma la connessione che egli stesso, per suo decreto, ha fissato tra queste due cose, fede e salvezza; essendo la morte di Cristo abbondantemente sufficiente per offrire quella connessione a tutti, essendoci abbastanza in essa per salvare tutti i credenti.

Secondo, Se la volontà di Dio viene intesa come la sua volontà efficace, la volontà del suo fine e compiacimento (come invero a me sembra estremamente evidente che questa sia quella intesa qui, perché la volontà di Dio è resa il terreno delle nostre suppliche, come se in queste nostre preghiere noi dovessimo dire solo "Sia fatto" - che è ottenere che tutti siano salvati: ora, noi abbiamo una promessa da ricevere da Dio "qualunque cosa chiediamo secondo la sua volontà" I Gv. 3:22; e quindi la volontà di Dio, che è qui proposta come fondamento delle nostre preghiere, deve necessariamente essere la sua volontà effettiva o piuttosto efficace, che è sempre realizzata); se è così interpretata, dicevamo, allora certamente essa deve essere compiuta, e salvati tutti coloro che egli voglia salvare; perché tutto quello che Dio può fare e vuole fare, certamente avverrà e sarà compiuto. Che Dio possa salvare tutti (non considerando il suo decreto) nessuno lo dubita; qui però sia afferma che egli voglia salvare tutti: quindi, se questi tutti fossero tutti ed ogni singolo, allora tutti ed ogni singolo certamente sono salvati. "Mangiamo e beviamo, perché domani noi moriremo." "Chi ha resistito alla volontà di Dio?" Ro. 9:19. "Egli fa tutto ciò che gli piace," Sl. 115:3. "Egli opera come gli piace, nell'esercito del cielo, e con gli abitatori della terra;" Da. 4:35. Se tutti, quindi, deve essere inteso come tutti gli uomini universalmente, una di queste cose deve di necessità seguire: o che Dio ha fallito il suo scopo ed intenzione, oppure che tutti gli uomini universalmente sono salvati; il che ci conduce alla seconda considerazione sulle parole, ossia chi si intende con tutti gli uomini in questo passo.

2. Per tutti gli uomini, l’apostolo qui intende ogni sorta d’uomini indefinitamente che vivono sotto il vangelo, o in questi ultimi tempi, sotto la dispensazione maggiore dei mezzi di grazia. Che sia inteso solo gli uomini del tempo presente è un’affermazione di Arminius stesso, discutendo con Perkins di questo passaggio. L’estensione dell’apostolo, trattando dell’ampiezza, allargamento e portata della grazia nella sua amministrazione esteriore sotto il vangelo, non soffrirà d’essere negata. Questo egli pone come fondamento della nostra preghiera per tutti, perché i mezzi della grazia e la dimora della chiesa adesso non sono più confinati agli stretti limiti di una sola nazione, ma promiscuamente e indefinitamente estesi a tutti i popoli, dialetti e linguaggi; e ad ogni sorta di uomini fra di essi, nobili o umili, ricchi o poveri, uno con l’altro. Noi affermiamo quindi, che con le parole tutti gli uomini sono qui intesi solo ogni sorta di uomini, secondo il proposito dell’apostolo, che era di mostrare che tutte le differenze esterne tra gli uomini sono ora rimosse; che ex abundanti noi confermeremo ulteriormente con le seguenti ragioni:

Primo, Ci teniamo saldamente legati al senso e significato più comune, cioè che la parola tutti è nelle Scritture usata più comunemente in questo senso (cioè, molti di ogni tipo), e non c’è nulla nel soggetto qui trattato che debba nel benché minimo modo spingerci ad un’altra accezione della parola, e specialmente come un’insieme universale di ogni individuo. In questo modo, del nostro Salvatore viene detto che cura ogni malattia, e che i Farisei pagano la decima di ogni erba, Luca 11:42.

Secondo, Paolo stesso ci ha condotto chiaramente a questa interpretazione; perché dopo che ci ha incoraggiato a pregare per tutti, perché il Signore vuole che tutti siano salvati, egli espressamente fa capire che per tutti gli uomini egli intenda uomini di ogni sorta, rango, condizione, e ordine, distribuendoli tutti in differenti tipi, menzionandone espressamente alcuni, come "i re e per tutti quelli che sono in autorità". Non diversamente dall’espressione che abbiamo in Gr. 29:1,2 "OR queste sono le parole delle lettere che il profeta Geremia mandò di Gerusalemme al rimanente degli anziani di quelli ch'erano stati menati in cattività, ed a' sacerdoti, ed a' profeti, ed a tutto il popolo, che Nebucadnesar avea menato in cattività di Gerusalemme in Babilonia (dopo che il re Geconia fu uscito di Gerusalemme, insieme con la regina, e con gli eunuchi, e coi principi di Giuda, e di Gerusalemme, e co' fabbri, e ferraiuoli)," dove tutto il popolo è interpretato come alcuni di ogni sorta, secondo una distribuzione di essi in diversi ordini, classi e condizioni in cui si trovavano. Non diversamente l’apostolo interpreta quei tutti gli uomini da lui menzionati, dandoci i nomi di alcuni di quegli ordini e condizioni intesi. "Pregate per tutti gli uomini", ha detto, cioè ogni sorta d’uomo, come i magistrati, tutti quelli che hanno autorità, essendo ora giunto il tempo in cui, senza tali distinzioni come erano state precedentemente osservate, il Signore salverà alcuni di ogni tipo e nazione.

Terzo, Siamo tenuti a pregare per tutti quelli che Dio voglia salvare. Ora, noi non dovremmo pregare per tutti ed ogni singolo individuo, poiché sappiamo che alcuni sono reprobi e peccano fino alla morte; riguardo ai quali noi abbiamo un espresso avvertimento di non pregare per loro.

Quarto, Saranno salvati tutti coloro che Dio vorrà salvare, e questo non osiamo negarlo, perché "chi può resistere alla sua volontà?". Vedendo quindi che è estremamente certo che non tutti sono salvati (poiché alcuni resteranno nella mano sinistra), non è possibile che in questo passo sia intesa la globalità degli uomini.

Quinto, Dio vuole la "salvezza" non meno di quanto voglia che si "giunga alla conoscenza della verità." Queste due cose hanno uguale rilievo e sono congiunte nel testo. Ma non è la volontà del Signore che tutti ed ogni singolo uomo, in ogni epoca, debba venire alla conoscenza della verità. In antichità, "Egli annunziò le sue parole a Giacobbe; I suoi statuti e le sue leggi ad Israele. Egli non ha fatto così a tutte le genti; Ed esse non conoscono le sue leggi," Sl. 147:19,20. Se egli avesse voluto che tutti pervenissero alla conoscenza della verità, perché mostrò la sua parola, senza la quale quella non è raggiungibile, ad alcuni e non ad altri? "Nelle età passate ha lasciato camminare nelle loro vie tutte le nazioni," At.14:16, e ha "dissimulati i tempi dell’ignoranza", At. 17:30, nascondendo il mistero della salvezza da quelle epoche passate, Cl. 1:26, continuando rispetto ad alcuni la medesima dispensazione fino ai nostri giorni; e questo perché "così gli è piaciuto", Mt. 11:25, 26. E’ quindi evidente che Dio non vuole che tutti ed ogni singolo uomo nel mondo, in tutte le epoche ed età, dovesse pervenire alla conoscenza della verità, ma solo ad ogni sorta d’uomini senza differenze; e quindi, solo questi sono qui intesi.

Queste, e simili ragioni, che ci spingono ad intendere per tutti gli uomini, verso 4, i quali Dio vuole che siano salvati, come uomini di ogni sorta, allo stesso modo prevalgono per l’accezione della parola tutti, verso 6, dove dice che Cristo ha dato se stesso come "riscatto per tutti"; cui si può aggiungere tutte quelle argomentazioni con cui noi precedentemente abbiamo dichiarato essere di assoluta necessità e giusta equità che tutti coloro per i quali fu pagato un riscatto debbano partecipare a quel riscatto, e se accettato come sufficiente, messi in libertà. Pagare ed accettare un riscatto fa intendere una commutazione e un rilascio in libertà di tutti coloro per cui è stato pagato ed accettato il riscatto. Per tutti, quindi, non si può intendere altri che i redenti, quelli riscattati da Gesù Cristo, i quali, per lui e in virtù del prezzo del suo sangue, sono assolti alla gloriosa libertà dei figli di Dio; il che, poiché è esplicitamente detto essere alcuni di ogni tipo, Ap. 5:9 (il quale passo è esplicativo di ciò), rende apertamente falso che siano tutti universalmente nel mondo.

[…]

II Pi. 3:9 "Il Signore ... è paziente verso di noi non volendo che alcuno perisca, ma che tutti vengano a ravvedimento." "La volontà di Dio," dicono alcuni, "per la salvezza di tutti, è qui esposta sia negativamente, dove Egli vorrebbe che nessuno perisca, sia positivamente, dove Egli vorrebbe che tutti giungano al ravvedimento; ora, visto che non si giunge al ravvedimento né si sfugge alla distruzione se non per il sangue di Cristo, è evidente che quel sangue fu sparso per tutti."

Risp. Non sarà necessario spendere molte parole in risposta a questa obiezione, trascinata dall'errata comprensione e dalla palpabile corruzione del senso di queste parole dell'apostolo. E' una regola fin dal principio della Scrittura, che le espressioni indefinite e generali siano da interpretarsi in appropriata misura rispetto alle cose riguardo alle quali sono affermate. Vedete, dunque, di chi l'apostolo sta qui parlando. "Il Signore", dice, "è paziente verso di noi, non volendo che alcuno perisca." Non ci insegnerà forse il senso comune che quel noi deve essere ripetuto nelle proposizioni seguenti, per renderle complete e compiute, ovvero, "Non volendo che alcuno di noi perisca, ma che tutti noi veniamo a ravvedimento"? Ora, chi sono questi di cui parla l'apostolo, ai quali scrive? Coloro che hanno ricevuto "le preziose e grandissime promesse," cap. 1:4, i quali chiama "carissimi", cap. 3:1; i quali contrappone agli "schernitori" degli "ultimi giorni", cap. 3:3; dei quali il Signore ha riguardo nella disposizione di questi giorni; che sono detti essere "eletti", Mt. 24:22. Ora, veramente, ribattere che, poiché Dio non vuole che nessuno di essi perisca, ma che tutti loro vengano al ravvedimento, allora Egli ha il medesimo volere ed intenzione verso ogni singolo individuo nel mondo (anche quelli ai quali Egli non rende mai nota la sua volontà, né chiama mai al ravvedimento, se mai neanche una volta giunge alle loro orecchie questa via per la salvezza), non è molto lontano dall'essere estrema pazzia e follia. Nè è di alcun peso al contrario, che non erano tutti eletti quelli a cui Pietro scrisse: perché nel giudizio di carità egli li stimò tanto, desiderando che essi si sforzassero "di rendere sicura la loro vocazione ed elezione", cap. 1:10; inoltre egli espressamente chiama quelli a cui aveva scritto la sua precedente epistola "eletti" I Pi. 1:2, e "una stirpe eletta" così come "un popolo acquistato", I Pi. 2:9. Non avrò bisogno di aggiungere nulla riguardo alle contraddizioni e le inestricabili difficoltà cui l'interpretazione opposta si accompagna (come, che Dio debba desiderare che vengano al ravvedimento quanti Egli taglia via nella loro infanzia fuori dal patto, quanti Egli odia dall'eternità, ai quali Egli nascose i mezzi della grazia, ai quali Egli non darà ravvedimento, e tuttavia sa che è totalmente impossibile che essi possano giungervi senza che sia Lui a spingerli). Il testo è chiaro, che si tratta di tutti e solo degli eletti che Egli desidera che non periscano."

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